Giornata dei Missionari Martiri
Ogni anno durante la Quaresima siamo invitati ad una celebrazione che si qualifica come preludio tanto del Venerdì Santo, quanto della Pasqua: è la Giornata dei Missionari Martiri, giorno di preghiera e di digiuno, ma anche giorno di festa, di resurrezione, di assunzione della consapevolezza che l’epilogo della vita umana non è che una fase transitoria.
La scelta della data non è affatto casuale; il 24 marzo del 1980, infatti, mons. Oscar Romero veniva assassinato a San Salvador da militari suoi connazionali, fedeli al regime. La ragione del martirio del Santo de America era proprio la vicinanza agli ultimi, ai salvadoregni schiacciati da un sistema di protezione delle élite a guida del Paese, che operava soprusi sul popolo contadino e operaio. Durante la celebrazione della messa, dopo aver denunciato l’impiego di bambini nella mappatura dei campi minati, mentre elevava l’ostia della consacrazione, un colpo di fucile lo raggiunse alla vena giugulare. Il sicario, mandato dai leader politici al potere, aveva colpito la voce di chi, in quegli anni bui di El Salvador, non aveva voce. La risposta del popolo fu immediata, chiara e coesa su due fronti: innalzare agli onori dell’altare El Santo, seppur solo figuratamente (Papa Francesco lo proclamerà ufficialmente santo nel 2018), e nutrire la speranza di un Paese migliore con la sua memoria. L’invito, pronunciato dall’arcivescovo, il giorno precedente al martirio, nei confronti dell’esercito e della polizia, riecheggiava tra la folla e giunge fino a noi, oggi, come monito di liberazione: “Vi supplico, vi prego, vi ordino in nome di Dio: cessi la repressione!”
La voce dei martiri, che è Voce del Verbo, del Dio fattosi uomo per manifestare la sua vicinanza alla fragilità della vita, diventa da sempre seme, germoglio per le comunità cristiane; per questa 30ª edizione della Giornata abbiamo voluto sottolineare proprio l’aspetto della voce.
Oltre all’evidente e già sottolineata attenzione che vogliamo porre sui popoli che subiscono martirio, dei quali il missionario è chiamato a farsi portavoce e amplificatore, c’è anche una dimensione legata al silenzio nella morte che vorremmo scardinare. C’è un’altra morte che fa rumore, è quella di Cristo inchiodato alla croce, emblema del martirio che scuote la terra, che disordina gli equilibri del potere, che distrugge il tempio del male per edificare quello dell’uguaglianza e della libertà dei figli di Dio. Il missionario martire non giace nella tomba ma è più vivo che mai nelle donne e negli uomini che hanno ascoltato dalla sua voce la Buona Notizia di Gesù.
Un augurio a ciascuno di noi di vivere la Quaresima e la Pasqua come laboratorio delle nostre vite, di sperimentare il totale abbandono di sé per ritrovarsi risorti in Cristo. Che i missionari martiri siano il faro della nostra fede che punta a Dio.