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Conosciamo i nostri missionari: Suor Anna e Suor Roberta

Conosciamo Suor Anna e Suor Roberta, che dalla nostra diocesi sono diventate missionarie in Libano e Turchia.

Suor Anna Basili

Sono originaria di Corinaldo e faccio parte dell’ordine delle Figlie della carità. Ho insegnato matematica, fisica e scienze in Italia per 17 anni (tra Genova e La Spezia), poi sono partita per il Libano da adulta. Non nasco come suora missionaria, ma ho accolto l’invito della mia Madre generale a partire e nel 1982 volavo verso il Libano. Lì c’era ancora la guerra civile, ma mi sono subito inserita in una scuola cattolica (ci sono molte scuole cristiane e sono molto apprezzate), ho insegnato religione. Poi mi hanno mandato in un paese sopra Beirut, Jatun, dove abbiamo aperto una scuola, prima soltanto la scuola media, poi quella superiore e ora ha oltre mille adulti e funziona bene. Sono stata responsabile della scuola, non insegno più anche perché a scuola molti studenti vogliono esprimersi in libanese e io non lo conosco così bene da insegnare in quella lingua. Seguo i ragazzi che hanno qualche difficoltà e in più sono responsabile della cappella della scuola e della cappella delle suore. Sono impegnata inoltre in una casa di accoglienza per rifugiati e migranti: nata inizialmente per i rifugiati iracheni, oggi dà ospitalità anche a profughi siriani, circa ottanta ragazze. Con loro, altre ragazze filippine e srilankesi che vengono invitate con l’illusione di un lavoro ed invece vengono avviate alla prostituzione. Diverse religioni ed esperienze, ma la stessa voglia di essere protetti.

Qual è la situazione in Libano?

Ufficialmente la guerra è finita nel 1990, ma la situazione è ingarbugliata. Il Libano è una democrazia confessionale e da due anni siamo senza Presidente della Repubblica. Questo viene indicato dai cristiani (poi entra in carica se le altre confessioni accettano il nome), ma non è ancora stato nominato perché non riescono a mettersi d’accordo su quale nome proporre. Malgrado ciò, il paese va avanti ugualmente. I libanesi, poco più di un milione, sono stanchi del gran numero di rifugiati che hanno riparato nelle loro terre, la sproporzione tra libanesi e siriani è altissima. La guerra fa paura a tutti, ma gli esiliati sono per la maggior parte musulmani sciiti perché il dittatore Assad, padre e padrone della Siria, si è particolarmente accanito contro di essi, essendo invece un po’ più benevolo, si fa per dire, con i cristiani. Nonostante tutto, la vita in Libano continua. C’è povertà, ma non miseria e c’è anche una classe media abbastanza diffusa. Prima i cristiani erano la maggioranza, adesso no. Comunque ognuno può liberamente professare la propria religione ed è un privilegio soltanto libanese, in mezzo ad un Medioriente sempre più fondamentalista.

Qualche flash di vita ecclesiale

Con ventuno riti e confessioni diverse, non è facile vivere una vita parrocchiale come la intendiamo in Italia; sono invece molto fiorenti i movimenti ecclesiali, come ad esempio i ‘Focolarini’. Papa Giovanni Paolo II aveva trovato una sintesi perfetta per descrivere il Libano: “E’ un messaggio per tutto il mondo, esempio di convivenza tra molte religioni e confessioni”. L’ecumenismo è un dato di fatto, ad esempio nella nostra scuola, durante la Settimana di preghiera per l’Unità dei cristiani, invitiamo ministri di altre confessioni e chiediamo loro testimonianza e preghiera comune. Il popolo, cristiano o ortodosso che sia, accede agli stessi sacramenti, a volte anche all’insaputa dei preti stessi. La rigidità e la chiusura sono molto presenti nei religiosi, nella gente no. Ci si sente uniti e anzitutto cristiani. I cristiani d’Oriente hanno bisogno di sapere che nel mondo ci sono altri cristiani che pensano a loro, perché a volte si sentono abbandonati. Anche i missionari hanno bisogno di vicinanza e di sentire vicina la comunità dalla quale provengono, per lenire la solitudine che di tanto in tanto può farsi sentire.

Suor Roberta Neri

Sono di Ostra e appartengo alle Suore di carità dell’Immacolata concezione di Ivrea. La nostra congregazione è nata a Rivarolo, nel 1873, per aiutare i bambini ad avere un’istruzione. La nostra fondatrice ha aperto scuole per bambine, in quell’epoca le più escluse dall’istruzione. Siamo anche nelle parrocchie, in Italia, nelle zone dove mancano sacerdoti (Irpinia, Calabria), poi come missionarie siamo in Argentina, Ecuador, Messico, Kenya, Tanzania, Turchia, Israele e Libano. Siamo a Smirne, in Turchia, da 129 anni. Questa è stata infatti la prima missione estera della nostra congregazione , creata per aiutare la folta colonia di italiani. C’erano ben cinque case, ora è rimasta soltanto la nostra, dove vivo anche io e che possiamo dire sia un segno, perché era la casa scuola per i poveri, mentre le altre erano a pagamento. Tutt’ora aiutiamo le persone bisognose. Questa scuola è materna e primaria, siamo rimaste tre suore e la superiore volevano chiuderla. Ma quando un nostro ex alunno turco-francese ha saputo di questa intenzione ha preso in mano la gestione della nostra struttura, accettando questo incarico soltanto se fossimo rimaste. Nella scuola primaria possiamo accettare soltanto ragazzi stranieri, mentre in quella materna anche bambini turchi. Abbiamo un buonissimo rapporto con le famiglie turche. Siamo attive anche in parrocchia, con i padri Domenicani, per l’accoglienza, la catechesi ed i bisogni spirituali delle tante famiglie straniere che vivono a Smirne. Tutti sanno che siamo religiose, ci apprezzano e ci stimano. In Turchia la situazione è difficile oggi, anche se Smirne, a differenza di Istanbul, è molto tranquilla. Ci sono molti meno turisti a causa della situazione internazionale.

I cristiani, che qui vengono chiamati ‘levantini’ sono tanti in Turchia, anche se in molti sono emigrati. A Smirne sono 1000 su sette milioni di abitanti. I periodi forti dell’anno liturgico sono molto sentiti, la pastorale è piuttosto di testimonianza, di vicinanza quotidiana tra le persone. Si vive in modo semplice, l’evangelizzazione in senso stretto non è permessa e ora non so cosa pensare per il futuro, perché la Turchia, come il vicino Medioriente, vive tempi di grande incertezza. L’ecumenismo è molto presente, il patriarca di Costantinopoli è venuto diverse volte a Smirne e ad Efeso: è un tipo molto aperto, sereno, parla un italiano perfetto. Davvero una persona meravigliosa che lavora tanto per l’unità dei cristiani, specialmente a Istanbul anche perché a Smirne gli ortodossi sono molto pochi. C’è una piccola presenza di protestanti ed anglicani.

a cura di Andrea Falcinelli e Laura Mandolini

da “La Voce Misena” del 20 Ottobre 2016

La foto di Suor Roberta Neri proviene da un reportage che La Repubblica ha dedicato alla comunità cattolica di Smirne, in occasione della visita di Papa Francesco in Turchia nel novembre del 2014.