Gocce di vita dall’Uganda

Martina, dopo la prima lettera, ci scrive di nuovo della sua missione in Uganda.

 

È passato più di un mese da quando sono arrivata, ed è incredibile scoprire come siano cambiate le cose in così poco tempo.

“Voglio tornare a casa” è stato il mio primo pensiero quando sono arrivata qui. Oggi questo pensiero si è trasformato in “non voglio più tornare a casa” (tranquilli mamma e papà, ormai ho il biglietto dell’aereo, non posso farci niente).

Non è semplice spiegare a parole quello che si vive in terra di missione. Ogni volto incontrato, ogni mano sfiorata, ogni sguardo scambiato ha una risonanza in me e tocca parti profonde del mio cuore. Una mattina quando mi sono svegliata ho trovato il secchio del bagno, che di solito utilizzo per lavare i panni, quasi pieno e non capivo come fosse possibile visto che il rubinetto sotto cui l’avevo appoggiato era chiuso. Poi ho capito che quel rubinetto perdeva delle gocce d’acqua, e queste gocce molto lentamente avevano fatto sì che, nel silenzio della notte, il secchio si riempisse. A volte vediamo solo una goccia e crediamo che sia inutile, che non sarà mai abbastanza per creare qualcosa di grande e bello. Alcune gocce sono grandi e rumorose, ci si accorge quando cadono nel secchio. Altre invece sono silenziose e nascoste, bisogna chiedere a Dio la grazia di avere occhi capaci di vederle e gustarle per sentirsi davvero dissetati. Quelle gocce sono per me quello che sto vivendo qui giorno dopo giorno. Parole, volti, gesti, profumi, musiche, colori.

A volte queste gocce portano con sé gioia, gratitudine, spensieratezza, libertà, pace. I sorrisi dei bambini, le loro piccole manine nere appoggiate sulle mie, i canti e le danze delle ragazze della scuola. Sono gocce dai colori caldi che profumano di vita e di allegria. Altre volte invece sono gocce un po’ dolorose, che provocano un turbamento del cuore, come le parole che escono dalla bocca delle ex bambine soldato quando gli chiedo di raccontarmi che cosa è successo quando erano nella foresta. È così che queste ragazze, ormai diventate donne, mi aprono il loro cuore, consegnandomi forse la parte più intima e dolorosa della propria vita. In quell’ora, fatta di domande e risposte, di lacrime che rigano i loro volti dallo sguardo profondo, provo ad entrare nel loro mondo e in queste storie atroci. Storie che hanno lasciato un segno profondo nella loro anima e nel loro corpo, fatto di cicatrici che ancora oggi, quando si guardano allo specchio, gli ricordano quello che hanno vissuto. “Se oggi sono qui è solo grazie a Dio. Sì, mi sono spesso sentita in colpa per quello che ho fatto, ma non avevo alternativa, obbedire era l’unico modo per salvare la mia vita”, mi racconta Grace. Un dolore, il loro, che solo Dio ha potuto accogliere e consolare, quando nessuno intorno a loro era disposto a farlo, quando la paura che queste ragazze potessero tornare a uccidere sembrava prevalere sull’amore che i loro stessi genitori e tutta la loro comunità provavano per queste ragazze.

Queste parole, che escono come lame taglienti dalla loro bocca, sono una grazia che fa nascere in me un turbamento, quella sana inquietudine  che ti viene quando ti fai le domande essenziali della vita e che non ti fa dormire la notte. Sono estremamente grata per questa inquietudine, Dio mi salvi dall’indifferenza, sempre.

In questo tempo ho avuto l’occasione di vivere tante esperienze diverse, di uscire dalla scuola per visitare alcuni villaggi a poche ore di distanza da Gulu, dove le suore del Sacro Cuore di Gesù portano avanti giorno dopo giorno un’azione costante e silenziosa, per cercare di dare risposta ai bisogni che questo popolo presenta oggi, attraverso orfanotrofi, scuole e cliniche mediche.

La settimana scorsa l’ho trascorsa a Kampala, nella capitale, dove ci siamo recati per accompagnare un padre comboniano italiano che era caduto e che aveva bisogno di alcuni controlli. Sei ore di macchina per trovare l’ospedale attrezzato per ciò di cui aveva bisogno.

Siamo partiti pensando di rimanere fuori solo una notte, ma alla fine il tempo si è prolungato a causa delle sue condizioni di salute. Così ho trascorso sei giorni a Kampala con un cambio di vestiti e pochissime altre cose. Inizialmente questa cosa mi faceva arrabbiare, per me era solo una deviazione dal percorso, qualcosa che non mi riguardava e che mi allontanava dall’obiettivo per cui ero partita. Una perdita di tempo insomma. Poi piano piano, affidando questa fatica a Dio, ho iniziato a capire che in quel momento prendermi cura di questa persona e volergli bene significava amare Dio. Ho visto la fragilità nel corpo e nella mente di quest’uomo e Dio mi ha chiesto di amarLo prendendomi cura di questa fragilità. A volte pretendiamo di decidere noi qual è la cosa migliore per la nostra vita, pensiamo di avere il controllo totale su quello che facciamo, invece ho scoperto una buona notizia: mi posso rilassare perché per fortuna non sono io ad avere le redini della mia vita, sennò chissà a quest’ora dove sarei. Posso fidarmi di Dio, fidandomi delle persone che mi ha messo accanto, ovunque io sia, e posso vivere con libertà e gratitudine la vita che Lui decide di donarmi.

Ah, dimenticavo: il 2 ottobre alle 17 i tacchini hanno circondato la mia camera per vendicarsi. Evidentemente non hanno gradito quello che avevo detto su di loro.

Un abbraccio da Gulu, ed a presto.

Martina

Martina in Uganda

Martina in Uganda

2 commenti
  1. Torquato Paolucci
    Torquato Paolucci dice:

    Grazie, Martina per le tue parole e per quello che hai fatto per P. Luigi. Gesù ti riempirà di Gioia. Avrei proprio piacere di conoscerti, dato che sei della diocesi di Senigallia. Sono il fratello di Don Carlo del Brugnetto; conosco bene il posto dove stai facendo questa esperienza che arricchirà molto la tua vita. Questa esperienza è un dono, una carezza di Gesù che ti vuole bene. Noi missionari ( sono stato oltre 30 anni in Uganda) ti vogliamo bene, un abbraccio

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  2. Giuseppe
    Giuseppe dice:

    Martina non sai che gioia ho provato nel leggere queste tue parole…parole profonde e che toccano l’animo delle persone, come dici tu gocce di ogni colore e emozione. Sono felice che tu sia la e che fai di tutto la volontà di Dio. Un abbraccione.Caooo

    Rispondi

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